NELLA NEBBIA - 2 - (IN MACCHINA)
Partendo da dove non importa,
con i parenti, i cuginetti miei coetanei
diretti al Castello, in un freddo e grigio
imbrunire di novembre, nella Lancia
Fulvia di mio padre, dall' autoradio
di quei tempi (un semplice giranastro
senza radio, quindi neanche 'autoradio'),
Il nostro caro angelo, di Lucio Battisti.
Poco prima di arrivare al Castello
Della Monica, abitazione dei cari zii,
la curva e la cabina dell'ENEL.
Seduto dietro, a sinistra, la vedevo
bene.
Per tanti anni, passare accanto
quella cabina della luce, mi piaceva,
e mi ricordava non solo la canzone
di Battisti (a cui ovviamente, associai
in seguito, giornate autunnali bigie,
quasi tetre, anche magari piovigginose),
ma tutto il castello, o meglio,
il piano di sotto, quello diurno:
la cucina, con le fornaci (che a quei
tempi ancora venivano usate a
volte, per cucinare determinati
cibi, e forse per fare il sapone da
bucato che veniva ancora fatto
in casa), il tinello, con il camino
sempre acceso, d'inverno,
i leoncini di pietra ai lati, ed
i comodi sedili, sempre ai lati
del camino, accanto ai leoncini.
L'odore del castello, di cucina,
di fumo, e di antico (la povera
zia, molto prosaicamente, avrebbe
detto 'di vecchio', di 'chiuso', tant'è
che lei non diceva 'casa antica'
ma 'casa vecchia'), è indimenticabile,
come l'odore della casa degli zii
in via Cameli, e quella degli altri
zii di Ortona.
Ogni casa, un odore peculiare.
Case nuove, fine dei vecchi
odori, fine delle fascinazioni di
una vita, fine delle visite...
Nel salotto del castello,
illuminato da una sola lampadina
forte, senza paralume, l'aria
era più austera, quadri alle pareti
divani dell'ottocento, scomodissimi,
di legno.
Ma l'elemento caratterizzante
di quel posto, era comunque
l'affettuosità dell'ambiente,
unita all'indiscutibile fascino
che esercitava quella abitazione
affascinante.
( 12 Dicembre 2013 Notte )
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