lunedì 31 marzo 2014

AJZ. GALUPPI


   GALUPPI



 ''Galuppi marci''!!! 
galuppo mangiamorti! 
Dov'è il galuppo!
''Chiama quel lavativo d'un galuppo!''

''I galuppi del circo sono sempre indiani''...e cosi' via...
Galuppi francesi: tuonare contro!

AJW. CANZONI STUPRATE


 CANZONI STUPRATE

Storpiare canzoni è facile come bere un bicchier d'acqua
gli esiti possono essere raccapriccianti, raggelanti, esileranti...


AAA. BELLE E SEBASTIENE

Canta con noi...
Caca con noi...

domenica 30 marzo 2014

AJU. PIGNEU, PERSA E BAXEICOU



PIGNEU, PERSA E BAXEICOU



 Lungo viale della mia infanzia
dove suonava alla fine la dolce
 canzone.

Tanti anni prima, nell'anno umile
 Via dei Peligni, ma anche un anno
dopo.

Un anno dopo, al Quadrifoglio,
 Pescara, ovunque era bella
ma Via dei Peligni, di più.

 La canzone dolce e le figurine
il mio primo album dei Calciatori
 il fango, il freddo, le Dure all'Anice.

Tanti anni dopo, un altro
 viale, molto più lungo
nessuna poesia, niente di niente.

Ascoltami, amica, ora stà a te
 tirar fuori le grosse mostose
strofinale sul mio volto.

 E dimenticare per sempre
la canzone dolce del '73
 di quei quattro, amami.

Od al limite, provaci...
 I tuoi ventisei anni
son benedetti, alta e grossa.

 Nelle acque correnti
le Ninfe del Fonte giocano
 sui nostri corpaccioni nudi.

Le Ninfe della Fonte del Borgo
 della bella Anxanum fiorita
per dimenticare l'acera realtà.

 O perlomeno, provarci.

Due anni, due Ilarie, per sognare
 perchè si sà, che rire non può
chi pianger non sà.

 Poesia, o Musa mia celeste
bentornata nel mio talamo
 d'uomo solitatio, inutile.

Prima volta con te, bella mia
 ma mi scacci, dopo otto anni
sei sempre immota e bella.

Però oramai, mi stai lì sopra,
 alli santissimi colìoni
che vuoi sapere 'di Noi'...

Di noi, che vuoi insinuare
 non vedi che il tuo volto
giorno via l'altro, cade.


Ed io non sono dei Loro...
 la Delatrice muore e l'amica
si consola: vecchie sfatte
 con le minci-tele-ragni...

 La Vita comincia a quarant'anni
chi m'ha umiliato a venti
 paga pegno, e rancor non serbo.

Chi prima, chi poi, assaggia la carne
 il pesce e la fava al tempo...
Musa, mia musa, non lasciarmi adesso!

  ( Camillo Catellani; 30 Marzo 2014 Sera )



































martedì 18 marzo 2014

AJN. I MORTI


 I   MORTI


I morti furono dei vivi.
Io e lei, una domenica
pomeriggio d'autunno,
nella casa dei miei,
estinti da anni,
osservammo le vecchie
fotografie dei miei,
estinti da anni;
Nei mobili antichi
il loro ricordo.
Il ricordo si perpetua,
si ammorbidiscono i
rancori, si addolcisce
l'affetto, in forme mai
prima note; sul tavolo tondo,
tirato a lucido,
un enorme
centro, d'uncinetto.
Io, seduto sulla poltrona,
un comò, una bottiglia di
Rosolio di Torino.


  ( Camillo Catellani; da '12 Pensieri e Poesie Spettrali' - Marzo 1996 )

AJM. AMORE MARCITO

XII.

   AMORE MARCITO

L'uggio mortale
verso donne flaccide
pensieri torridi
su squallidissime
indifferenti e sudate.
Fare l'amore
dei tempi moderni:
uteri abbassati
tette flosce
donne bassitelle
e cattivette.


( Camillo Catellani; Dalle '12 Poesie dell'Anima Morta' del Giugno 2010 )

AJL. NICHOLAS AVEVA ALTRE IDEE


 269.
     NICHOLAS AVEVA ALTRE IDEE


Cresci bene,
ragazzino biondo,
puledro rampante,
ricciotti ramati.

Conosci gli agi,
hai il PC milionario,
la sposetta sotto casa,
l'altra, alla scuola.

Là, sulla sponda lontana,
del fiume,
in piena,
solitario,
un tuo amico.

Il lontano,
il rejetto,
''l'altro''.
Tu lo ami,
lo adori,
nessuno lo sa,
nessuno lo saprà mai.

      ( Febbraio 2000 )

lunedì 17 marzo 2014

AJI. Έκανε κρύο


 Έκανε κρύο  


Ζώντας.
Δεν θα πάω το ζην.

Ο καλύτερος φίλος μου
μου είπε
σας δεν είναι πλέον φίλος μου.

Κάνει κρύο.
Νιώθω τόσο κρύο
ότι σχεδόν ασφυκτιούν.

Πεθαίνοντας ...
Δεν θέλω να πεθάνω.

Ο καλύτερος φίλος μου
έχει την πληγή
Είχα ένα χρόνο, ένας φίλος.

Κάνει κρύο,
τόσο κρύο πριν
ότι τώρα, δεν το αισθάνεστε.

mercoledì 12 marzo 2014

AIW. AI MARGINI

AI MARGINI

Vivo ai margini
della società.
Mi ritiro all'imbrunire
fra case annerite
e vecchi pali telegrafici.
Passo le ultime lampate
di sole,
in una radura erbosa
fra palazzi popolari
alti, indifferenti.
Dalle tante finestre,
ne vedo sempre una,
illuminata al neon,
è una cucina.
La fisso per vari minuti,
e torno bambino
periferia spoglia,
la mia casa è in fondo.
In fondo al vialone
scarsamente illuminato.
E' una baracca umile
ma confortevole.
Sopra un bandone vuoto
d'olio da motori,
un vaso di rosmarini,
odorissimi.
Ho ricavato nel legno
oramai marcito,
una finestrella.
Dà sulla pianura sconfinata,
brulle e paludosa.
Finestrella che stà
accanto al letto, alla mia destra:
fumo una cicca
ed alito fuori, sono sereno.
Il frastuono e le falsità,
i sorrisi ipocriti
la borghesina città di provincia
è lontana.
Un trattore in disuso è
sul campo, un cane pisola.
Tutto è in ordine in me.
Domenica mattina arriva,
amici di un tempo
mi riconoscono
ma non si fermano,
passano diritti,
mi squadrano con orrore:
Sono cambiato molto, io...


 ( Camillo Catellani; Dalle '12 Poesie' del Novembre 2000 )

AIV. CHICCHI DI MELOGRANO

DALLE '12 POESIE'  ---  DATE VARIE

Giada mi parlava sottovoce
Lualda si abbandonava su di meh
Cinzia dalla pelle d'ambra
Telefrasta era dolce e sciocca
Donatella amava i miei occhi.
Ragazze care e semplici
mai tanto quanto Alesiana
perita per un mio 'no'
nel fiore dei suoi sedici anni.





                  VIA!


Prendo l'automobile e parto.
Poche banconote in tasca e
tanta nafta a disposizione.
Giro paesotti strani,
all'imbrunire volano civette
dagli occhi violetti.
Erbe e piante cremisi.
Contadini vestiti di giallo.
Ragazze dai volti oblunghi,
hanno gonne vermiglie e
labbre scarlatte.
Il cielo è turchese, nuvole rosse,
tramonto berillo.
Dall'autoradio
musica di violoncello.
Nel campo selvaggio,
il vento soffia furibondo
tutto è color vino,
dai carichi riflessi
di rubino.




Luisetta mi donò un bacio,
Serena mi parlava sottovoce,
Ida mi spiegò cose a me ignote,
Giuliana mi irrideva nell'amplesso.
Federiga mi sognava ma si negava.
Tutte belle carnazze, troppo
più mediocri di Iride,
partita per la Zelanda,
il giorno dopo la nostra
dichiarazione d'immenso amore.




Sì, anche per te,
scriverò.
Che tanto scrissi,
ricciolini neri,
ora ben più radi,
anche scriverò ancora.
Passato, presente, futuro,
genesi di bassa lega,
persone che vanno, e rivengano,
tu, chiodo fisso,
chiodino arrugginito,
poesia allo stato puro.





...Edòs Kipros Radio
Paraskios radiophoniki direzia...
...This is Cyprus Radio
Radiotelephone Maritime Service...




 L'uomo ragionatore
e poetico è
suggerito da Baal-Zebul
che gli soffia nell'orecchie
e sghignazza con un riso che
pare sarcastico
in realtà è solo ebete.




 IL TRENO DELLA VITA

 Il treno della vita
da tutti gli obiettivi
importanti
si allontana sempre più.
Sempre più velocemente.
Resta nelle mie mani
sabbia umida e formiche.
Morte.


 Eleonora bella
di terre neanche
troppo lontane.
Giado,
il tuo clitoridone
mortiferi baci
da centotrenta
chili.
Zinne enormi,
lattiferissime
tutte per meh
per i miei
tristi inverni,
un tempo tristi
ora torridi e
gonfiotti di
burro, miele e
cioccolata.




STARE

Stare insieme
non importa
dove,
non importa
come.
Sempre insieme,
si sà,
l'amore nasce,
si sà,
l'amore avvolge
si sà,
due cuori
si fanno compagnia.
Stare insieme,
stare vicini
sentire il
respiro tiepido
dell'universo.



Guardarsi, rimpicciolito
e smagrito,
le mani, i dorsi
ed i palmi.
Passarsi le mani sulle
braccia
sentirle invecchiate
rugose.
Specchiarsi
e vedere
una orrida maschera:
la morte,
acera,
di tutte le illusioni.



Dalla Voce di Turchia,
sulle Onde Corte
musica che riconosco
ma io
non mi riconosco più.




    A LANCIANO

Sarà stato per via del fresco,
o per via della pioggia,
dei temporali e dell'oscurità
data dalle nubi foriere e cariche,
che amai tanto la Pietrosa,
e gli spiriti.
Aggirarsi tra i vicoli e
le salite,
le discese
della città vecchia.
La cioppa;
la ciovetta,
che se ti guarda fissa
muori.
Gli scherzetti degli amici
d'infanzia,
le tante impressioni felici
della parte più bella
della mia regione,
che bella era un tempo
ed adesso, chissà...




Raggiunsi lo schifo per il mondo
sulla terra.
Quando vidi danzare
tra di te
pagliacci buffoni
larve spetri e spiriti
rifuggi, e
ti rifugi
orrendo
t'accorgi fuori posto
totalmente fratto.



 COSMAPESCI

Come un pensiero ricorrente
del mese di dicembre
i vent'anni miei
del passato, fino alla mia morte
nel cielo vasto nero
due conoscenti fuori la porta,
lassù stelle antropomorfe
diritte, e capovolte
bordate di azzurro,
nel nero freddissimo.
Carcasse di pesce marcito
fosforescenti nella nera rena.




Alla fine di tutto
un'usignolo senza tempo
sui quarantuno metri.
L'annunciatore, e poi,
l'annuncio; segnale orario.
L'usignolo, millenovecentoquarantacinque.




 VOGLIE REPRESSE


Doglie regresse.
Vivere per fornicare
coi fantasmi di un
preliminare.

                   **               **


Rime liceali,
porci senza ali.
Rime baciate
bocche curate,
seni gonfiotti,
pensieri contorti
sempre corrotti.


                   **               **


Eppure un'angelo vola
sulla mia misera esistenza,
non si posa mai
attende il giorno ma
non lo trova





Non capivo mai
il torvo sguardo
della bella mora
barlettana.

Ce l'aveva poi tanto
con me, aggressiva,
innocente, bestione.
Innamoratissima.

Io ero un ragazzo
semplice e lindo
pulsavo già d'amore,
astratto.

Non capivo mai
il perchè d'un perso sguardo
della mora barlettana
lisa, storta e sfatta...





I rapporti interpersonali
diventarono così radi
per me
da sfiorare
l'idiosincrasia per
il genere umano.

I silenzi continui
sempre interrotti,
i pensieri carnali
sempre frustranti.

Gli scritti miei
perdono subito
profondità
o non ne hanno.

Mi sento solo in
grado
di dormire giorni e giorni,
mentre fuori dalle finestre
le reazioni dei giovani
vanno a novantotto ottani.

Ti accorgi ad un certo punto
come tutte le illusioni dei vent'anni
sfumano morte verso una stanza
dalle imposte sbarrate...


Caro professore, caro Maestro
ti rivedo in quella scuola
che era lontana
maestro alto ed elegante
dai bei modi, elastici.
Ma c'era una maestra,
vecchia megera, severa
ch'io non amavo.
Era però lei
la mia vera maestra
il carattere raschiato
scabroso, aspro,
quanto dolce era
in realtà quella
donna, quella paesana
terricola nonna!




 LO   SCHELETRO


Mi guardava, uno scheletro,
nella sua dimora perenne.
Io ero assorto in pensieri vani,
correvo dietro fatuità incredibili.
Mi guardava, uno scheletro, senza
veli, false congetture.
Era giunto alla perfetta sincerità.




Vieni, entra nel letto,
abbracciamoci stretti
come foglia, guscio
con castagna.
Ottobre fugge via
verso novembre
nella vista campagna umida
affumicati vecchi cafoni,
ancora un bicchiere
di vino, ancora un sospiro.




GIOVANNI


La figura solitaria,
di Dirceh,
mio primo amore,
spettro di anni insulsi,
documento in nero,
di sensi rilassati,
la solitaria figura,
nero spettro,
nel cimitero abbandonato,
tetro, dal 1849, riposa
inconsolata,
inconsolato io resistito
per soli altri due anni.




Filippa mi regalò un bimbo,
Bea mi diede una moneta cinese,
Gioiosa mi fece un sorriso sincero,
Papa mi parlava della sua Grecia,
Nina mi rese i due anelli,
Odda morì fra le mie braccia,
nel fiore della sua gioventù
e del nostro sterminato amore.





Melissa mi parlava di azzurre favole,
Olga mi narrò di un viaggio in Cina,
Elena mi porse un fiore bianco,
Telesia mi disse sottovoce
cose che non sapevo,
Ilenia mi fece padre,
Giordana mi rese amante,
con Peppa passai notti
tutt'altro che infocate,
e con me stesso
sogno,
però
tutti i grandi progetti
di Margherita
finiti in una
brevissima malattia mortale
nei nostri sedici anni.




I  GAROFANI


Della villa solitaria abbandonata
incuneata fra cespugli e roveti,
canne di bambù e ricordi del passato.
Chi piantò quei garofani che ogni
anno miracolosamente aprono i petali
verso il silenzio?




Al Porto delle nostalgie marittime,
in lontananza, seppie, calamari,
come misteri tranquilli, domestici;
la Finanza gira al largo, ma oggi è
tranquillo, questo Adriatico, questo
intenso azzurro del mare di Ortona.



 ( Camillo Catellani; 12 Marzo 2014 Notte )











AIU. DUE POESIE


 IX.

Occhi d'oro di Leonessa
ricci neri di Nadjette
bianchi denti di Donata
ma muoio nell'acero
ricordo dei capelli
corti e mascolini di
Israela, morta nel momento
di massimo amore per meh.


X.

   L'AYATOLLAH

Sono anziano, con barba.
Tappeti costosi
insonorizzano la stanza.
Mantello elegante,
scalzo sul sofà.
Sguardo serio, severo
austero.
Un perfetto ebete,
un vecchio insensato,
rimbecillito,
i miei ultimi anni
alla guida dell'Iran,
nel manicomio
della mia città...


( Camillo Catellani; Da '12 Poesie dell'Anima Morta 12' - Giugno 2010 )

AIT. DALLE 12 POESIE E PROSE DEL MAGGIO 2008 - SEQUENZA


6.
   CHIMERA


La bassotta dal caschetto tinto rosso,
orrenda di volto
gli era sempre piaciuta.
Lei,
come una perfetta scimmietta
godeva ad illudere il cuore
di Giacomo,
incapace di comunicare
il suo infinito amore.


7.
   ESTATE 1981


Conobbi Eva, che
morì fra le mie braccia.
Ogni estate nera
calda di ghiaccio:
morire ogni anno
nel suo ricordo.


8.
   IL CONCERTO AL FREDDO


Non era mai stato un gran cantante,
faceva concerti con poca gente.
Non saprò mai, come mai
quella fredda sera a Cincinnati
nel novembre del 1969
ci fossero trentamila persone
a sentirmi.
Fu un caso particolare.
Le mie sofferte canzoni blues
uscivano lente dai grandi
altoparlanti.
Il sudore solcava rivoli
freddissimi sulla
mia pelle nera bruciata.
Mi dissero che la voce
alle volte sembrava
rantoli,
ed elettrizzava il pubblico
estasiato.
Quella sera non immaginavo
feci il mio più grande concerto.
Resta uno sgranato
filmino di venti minuti, con un
sonoro monofonico
di pessima qualità.


9.
   RIME


Bella, eppur lontana
ruffiana.
Chi t'ama ti perde
prato verde.
Sei bella e lo sai
fonte di guai.


10.
   AFA A SCAFA


La vecchietta
zingara
mi disse
quella notte
dei miei
diciassette anni
cose che mi sembravano
prive di senso.
Mi avrebbero accompagnato
per tutta la vita...


11.
   UNA NINA ARGENTINA


Nell'afoso disagio
dell'infima bettola
di Atene, la musica
greca a tutto volume
nell'estate del 1958,
i vini ed i distillati
locali mi resero
filosofante.
Un ubriacone italiano
in Grecia era
fonte di risate
e disprezzo.
Un ubriacone italiano
in una squallida bettola di Baires
era fonte di tristi nostalgie.
La mia donna
una bella ma povera Argentina
si chiamava Nina.
Aveva appena ereditato
un miliardo di lire
passando dalla più
miserevole miseria
ad un'insana ma felice
ricchezza.
La mia Ninina
evitò negli anni
ch'io sperperassi,
ma ci divertimmo
ugualmente, facendo
il giro del mondo
innumerevoli volte.
Visitando migliaia
di bar ed osterie.


12.
   VAGABONDARE


Neppure la peggiore baldracca
d'angiporto turco
era così vestita
ed il suo cane barbone
addobbato da coglione.
La vita on the road
era fatta per noi
cugini coetanei
così profondamente
differenti.
Le filosofie indiane
e la fermezza occidentale
le lingue estere
ed il radicale dialetto
di casa nostra.
Poesia e prosa si mesceano
in noi; io astemio per natura
lui per necessità
girammo a modo nostro
il mondo
vedendo e non vedendo
zone d'ombra e diserti assolati
di questo marcione
globo terraqueo.


                    ( Maggio 2008 )









AIS. DANIELA BERGAMASCHI. UNA POESIA DI FANTASMI


DANIELA BERGAMASCHI. UNA POESIA DI FANTASMI

 Nel dormiveglia la voce,
sua di ragazza gioiosa
risentì quel mattino
di marzo inoltrato.
Daniela Bergamaschi
morta trent'anni prima
lo svegliava così,
tutti i giorni,
dopo il tragico epilogo
dell'immenso amore
per lui.


( Camillo Catellani; Da '12 Poesie e Prose' del Maggio 2008 )

AIR. BUDAPEST, BRATISLAVA, BELGRADO...


Bucarest,
Bratislava,
Belgrado,
forse Tirana o Plovdiv,
ma senz'altro il carrozzone nel prato,
ed indubbiamente,
nessun lavoro in tasca,
e nessuna voglia di lavorare.
Una chitarra,
e mille lire,
delle cicche senza filtro,
una radio in Onde Medie,
e tutto il mondo è mio.
Se vedo la nebbia che viene da nord,
penso alla donna che non ho più,
lasciata tanti anni fà:
ma di lei cosa mi interessa...
Zinghero nell'anima,
le ville con piscina
e le auto gonfie diecimila cavalli,
poppute bonone...
Pomeriggi di sole esplosivo
e gelido
d'inverno,
questo io solo voglio.


( Camillo Catellani; da '12 poesie' dell'Ottobre 1997 )

venerdì 7 marzo 2014

AIF. FOOT ON THE FOOT

FOOT ON THE FOOT


   I.

Then I let her go
A hot day in summer
I turned the clocks around him
Covered my face, broke mirrors.

II .

I gave myself to the ugliness,
to mold,in the sea of foolish vanity,
rest rifle and whip,
to wield a stick.

III.

I had brought down with a crash my dreams,
believing that they make no noise
but such was the din
alarmed by the so-called society.

 

IV.

How much is worth a little man!
The simplest desires
mistreated in a dunghill
and stomped his foot on the foot.

V.

Happy families of men and women,
the woman who gives birth to her egg,
the blue jacket his bald husbandthe
car with the alarm.

VI.

I saw this one morning,
did not mind the changing colors
of her dressthe economic
cigarillos him.

VII .

The blacks black man's eyes,
in between, smelly, outcast,
bald man with making sure indigenous
dispels the black man from his cottage.

VIII.

The manly man passed me,
that still smells of my moods male
not cleansed nor dried from last nigh
tthe manly man is in fact a pederast.

IX.

The age of reason is always
when you are alone and without company
salt that has something to do with the size
the nobility of solitude
very dark in the summer.

X.

It was then that covered my face
I let his beard grow soul
I began at last to await the void
Nothing talking to listening.

XI.

He was born far from a rejection
darkas the full happy sunny days
Past plugged in a clinic
for nervous diseases, the shutters closed.

XII.

There was a sound of jazz piano
in the palace of the city where
I was finished only after much wandering and dirty
I saw in a room on the top floor.

XIII.

Has no luck man, you stupid beast
nine men impaled by ancient spades
black clotted blood and feces and urine
coated by brush on the walls pink confit.

XIV.

The good cop covered his face
covered with hand and pulled apartat
the end of his good honest workh
is house painted , the dead wife and children.

XV.

On Earth drop black creatures
daughters of the space,
and sisters of the dead
bearers of loneliness and terror
are a few, selected, of the planets of nightmare.

XVI.

I did not want to fight,
I am one of them,
drink human blood
on earth for great misfortune .

                 (July 2000)

giovedì 6 marzo 2014

AIC. GIORGIA MACCHI

A GIORGIA MACCHI 

 Non ti spaventare, sai
questo è solo amore
 che dolcemente si posa
sul tuo bel viso.

 E' bella la mattina passata
con te, l'affetto adesso c'è
 i lunghi tuoi capelli fanno
da cornice bionda al mondo.

 I passati remoti, i destini
son ora cancellati, inutili
 fantasimi, larve di un tempo
che non ci appartengono più.

Or tu così bella, mi sembri
 cristallo tornito, e brilli
ad un sole caldo e giallino
 seni ampollosi sotto il golfino.

   ( Camillo Catellani; 6 Marzo 2014 Mattina )

AIA. A CHIETI


 531.

    A CHIETI


A Chieti
ero bambino
c'era una capra
in un giardino.

Io le porgevo una fogliolina
che lei brucava dolcemente
ero un bambino sorridente.

A Chieti,
ero innocente,
c'era la musica
e tanta gente.

Io seduto su una panchina
la sera era bella; nell'aria
una canzone che non saprei
forse l'Orchestra dei Casadei.

   ( Dicembre 2005 )

 

AHZ. NEL MAGGIO DEL 1977 ERO A CHIETI



Nel maggio del 1977 ero a Chieti.
Faceva caldo, il cielo coperto, lattiginoso, c'era una
cappa opprimente.
La cappa d'afa che mi piace, talvolta, e non sò perchè.
Le cose sgradevoli, forse per filosofia, per poesia, ci
piacciono.
Non sempre.
Ero nel retro di un baretto (una grossa scatola di
cemento), all'esterno, a ridosso di un'altura.
Non c'era nessuno, osservavo il cielo velato.
Posando gli occhi a terra, sull'asfalto, c'erano
delle scatole vuote di latta dall'apertura circolare:
erano contenitori di polvere per fare il gelato.
Un'odore dolciastro, nauseabondo, proveniva
dal laboratorio, chiuso, del baretto.
Dalla parete, una feritoia lasciava uscire, da una
graticola a maglie fitte, dell'aria calda e si sentiva
il rumore di un motore, senz'altro una cella frigorifera.
Un'icore giallo, dal colore del caramele, sgorgava
dalla grondaia, ma era lo scolo dei rubinetti del
laboratorio.
Un puzzo di inaudita zuccheraggine saliva, mieloso,
urtante.
Ero sudato, appiccicosi i jeans alla pelle delle gambe.
La maglietta attillata era di cotone, sotto le ascelle
il sudore era abbondantemente giunto a chiazzarla.
Dal vicino corso cittadino saliva insistente un profumo
di noccioline torrefatte, di zucchero caramellato, e
di porchetta arrostita, calda.
Ero annoiato, mi veniva su una potente nausea, come una stanca erta di scale fatte a fatica, controvoglia: i funghi sott'olio mangiati a pranzo senza pane e le triglie al formaggio mi avevano stomacato oltre ogni immaginazione.
Avevo bisogno di eliminare violentemente quelle superchierie alimentari, eppure non riuscivo a trovare il coraggio di ficcarmi due dita in gola.
Decisi di entrare al baretto: girato che ebbi l'edificio passai tra gli alberi frondosi, e superai la soglia.
All'interno c'erano molte persone.
La mia ingordigia ebbe il sopravvento sulla nausea, e presi un trancio di pizza con peperoni e melanzane.
Mi faceva un pò male il dente bucato, un molare che non avevo mai fatto curare, per via del mio terrore del dentista.
La pizza era molto buona e piacevolmente croccante.
Di repente, uno spuntone di pizza si andò a conficcare
nel dente bucato, cariato e infiammato.
Ne seguì rapidissimo un acutissimo dolore che mi fece sussultare violentemente, esclamando in un altissimo '-Ah!'.
Delle ragazzette che erano li dipresso, scattarono a ridere.

                  TIRO AL FAGIANO

A Chieti, nel 1977, era un caldo maggio appiccicoso, proseguivo nella giornata di festa il mio pigro gironzare fra le cose e le statue di bronzo di un giardino, nel corso, prima del monumento, all'acquario cittadino, nella vasca del polipo gigante e poi, a  sera fatta nell'illuminatissimo zoo, in realtà, un piccolo parco con le capre.
'Cebus apella', il cimmiottino oltre le sbarre mi guardava curioso: alzava ritmicamente le sopracciglia.
Una capra (ovicaprus) mi si accostò, oltre la recinzione.
Da un'alberello là vicino colsi delle foglioline: gliele
porgevo, e lei le mangiava dolcemente.
Ero un bambino, e mi piaceva accarezzare i suoi cornetti appena spuntati sul capo pecorino.
Sedetti un'attimo per ristorare, su una comoda panchina in un'aiuola.
Era una panchina tonda, a 360 gradi, comoda ancora, ed ottimamente, al suo interno una grossa palma.
Mi assalivano già a quella età pensieri che non erano pensieri, forse erano solo sensazioni o erano solo le suggestioni delle tante cose che vedevo.
'Il sapone della nonna era verde trasparente, profumava di antico, ed il bucato veniva bianco senza sforzo.
Il sapone per il viso la mattina, avevo pochi anni, cinque o sei, era al limone, sempre ricorderò quel profumo, industriale, certo, ma delicato, ancora non sintetico'.
Nell'aria di festa primaverile, veniva una musica allegra, un'orchestra, un liscio godibile, forse Enghel Gualdi, forse Raoul Casadei.


     ( Camillo Catellani; 31 Marzo 2007 )























































AHY. IO DA SOLO



                    IO DA SOLO


Riesco addirittura a passeggiare senza pensare a niente.
Non si può viver sempre come dentro un melodramma.
Riesco a pensare, camminando, che non eri l'unica fiamma della mia vita.
Oh certo, eri stata la più importante, eppure, nonostante tutto, il tempo è un gran cavaliere, di te non resta che un'emozione impersonale.
Una larva, uno spirito che non mi incute più timore alcuno, tutt'al più mi strappa un disincantato e fugace sorriso.
La maturità non è far grandi palazzi, alti voli rapidi,
ma sorridere sereno d'ogni cosa, distaccarsi dalle passioni più costringenti.

     ( Camillo Catellani; Aprile 2006 )

AHX. IL CHIARIMENTO



                     IL CHIARIMENTO


-Eh, l'hai saputo, ma sai, sono chiacchiere private...
-Non ti permetto di pensare certe cose su mia moglie,
  se l'ho sposata e lei è quel che è, a te cosa importa?
 (Il tale, in piedi, con gli occhi fuori dalle orbite,
  tremava da far paura, ma rimaneva in piedi, diritto
  come un fuso).
-Dai, siediti, amico!
 Prova a rilassarti!
 (Dick lo fece sedre su una poltrona blu notte,
  incredibilmente grossa e morbida.
  Le luci erano rosse e gialle, e blu.
  Suonava il lato B di un LP dei Creedence Clearwater
  Revival).

-Sai, se vuoi, posso dire della tua tipa...sì, diro proprio
  che è una brava ragazza, contento, eh?
  (Il tale si era molto calmato).
 -Vuoi intendere forse che...?
-Ma certo, i punti di vista dopotutto hanno un valore
 ed un peso relativi...comunque io possa pensarla, la
 tua baby è sempre lì...dai, amico, beviamoci una birra
 ghiacciata...alla faccia delle convenzioni sociali e delle
 sue sciocche leggine da vecchia zia bacchettona!
 (Dick, capelli sale e pepe, grosso, pesante, vestito in
 maniera decisamente vistosa, con occhiali enormi e
 lenti spesse, gli occhi parevano due satelliti neri,
 giganteschi, ingranditi dalle lenti; in un portacenere
 un numero sorprendente di mozziconi mezzo annegati
 nella cenere; due confezioni di tabacco da naso, da
 cui Dick attingeva con generosità).
 (Il tale, affascinato dall'ambiente, si calmò, e divenne
 amico di Dick).

                     ( Camillo Catellani, Agosto 1994 )

mercoledì 5 marzo 2014

AHW. SPAVENTOSO SOGNO TRA 4 E 5 FEBBRAIO



 SPAVENTOSO SOGNO TRA 4 E 5 FEBBRAIO


Ero in Germania, il sogno è lungo, ma la
prima parte non la ricordo.
Sono in macchina, su una specie di autostrada,
o dentro un lungo tunnel.
Mi sembra di andare contromano, ma poi 'mi metto
in carreggiata', procedo tranquillamente, sembra una
autostrada interamente coperta e abbastanza illuminata.
Ad un certo punto vedo una macchina ferma sulla destra,
e la evito senza problemi, ma subito dopo inizio a vedere
a terra, delle motociclette fracassate, segno di incidenti,
e quindi, dei ragazzi morti, in un miscuglio di sangue,
frammenti di lamiere, resi spettrali da quella luce da
ufficio che c'era in quella galleria tedesca.
Dopo un pò, vedo nuovi cadaveri, stavolta sempre di
più, e ricordo di aver forse esclamato, nel sogno, la
mia sorpresa agghiacciata.
Mi sveglio indubbiamente, quando vedo un terzo
incidente, e a terra, laghi di sangue, e un numero
impressionante di morti e motociclette contorte.

   ( 6 Febbraio 2008 Notte )

AHU. NON C'E' NIENTE DA RIDERE


 NON C'E' NIENTE DA RIDERE


 Si spande a macchia d'olio il pensiero
e gli scritti si accavallano;
i pensieri che si mettono di traverso
composizioni verbose criptiche ma
banali, sciocche, puerili.

Non c'è niente da ridere, quando si parla
di amore e psichiatria, di matti internati
e di pazzi in libertà.

Pericolosità sociale terrificante, la penna
a sfera te scannona, o frego, al Prepo
non ritorna, alla Cupa od ad Elce.

Neanche a Ferro di Cavallo, Montegrillo
San Sisto, Olmo, le Alfa Semplici:
non divagare, non c'è niente da ridere.

Niente da ridire, non mutar proposito,
chiodo scaccia chiodo: non sempre è
così, il nuovo riccioluto và anche bene
l'inadeguato sei tu, non si balla più.

O frego, l'che fèe? Eh, dio maiale...
Alunni Alunni...rompi i cojoni, dai...
Nte và più bene gallina vecchia...
trovatene n'altra de canchera...

Ma arrivati a Pian di Massiano
ecco arrivare furgone che amo
le fette de pane co' la salsiscia
calda de fegato de Montone spalmata!

   ( Camillo Catellani; 5 Marzo 2014 Sera )



























lunedì 3 marzo 2014

AHO. GIANCASSIO


 377.
          GIANCASSIO 


Scelsi l'arma,
e sparai a tutti.
Ai secondi, al mio rivale
ed alla mia donna che piangeva.

Non uccisi nessuno,
ma venni arrestato,
fui condannato a morte
e poi, graziato.

Ebbi però l'obbligo
di lasciare il mio paese.
Fuggii come una zebra un leone
mi ritrovai sperduto.

Sperduto fra le selve,
disperato ma libero,
i briganti stessi mi conoscevano,
mi lasciavano, impauriti, andar via...

Come arrivai a St. Pierre,
crollai sul pagliericcio,
d'un infimo castello,
masnadieri e biscazzieri.

Che sporca faccia aveva,
il mio angelo custode,
era un bel farabutto
il suo Dio: e chi ero io?

Il mulino gira le pale,
era un vento fresco e leggiero,
osservavo i contadini chinati.
lavoravano piano, in silenzio.

Decisi di lavorare un pò,
un immenso campo verde e giallo:
raccoglievo pannocchie di granturco
le gettavo in ampie ceste.

Mi piaceva il lavoro,
fatto a modo mio,
restai nove giorni,
ma la mia stella ripartì,
ed io dietro ad essa.

Stella lassù nel cielo,
cammini lenta senza posa,
mandi in terra odor di rosa
il mio cuore è senza velo.

Tornai in patria, un dì di giugno,
dormivo fra le terre di Viterbo,
con la mia donna semplice e gaia,
come un zinghero, sotto la luna amica.

Raggi di luna come gocciole zincate,
l'odore dell'idrossido d'ammonio,
il bel turchino del solfato di rame,
le bizzarre disposizioni della limatura di ferro.

L'asino si è azzoppato,
la cavalla ha abortito,
l'albero si è sfrondato,
la gallina si è spiumata.

Io che sono una zitella,
getto alle ortiche la manovella,
io che ero un vecchio cuoco,
metto la salsiccia sopra il suo gran fuoco.

         ( Camillo Catellani; Gennaio 2001 )

domenica 2 marzo 2014

AHE. LA MIA SIGNORA


 301.
              LA MIA SIGNORA


Mia moglie è una troja.
Penso ai tempi lontani,
quando ero studente,
nella mia città sull'Adriatico,
e puzzavo di carta di libri ingialliti.

Sentivo che la vita non era solo studio,
infatti conobbi la mia lei subito,
senza una lira, solo poche sigarette,
ma l'amore di ragazza bastava al resto.

Il lavoro, il matrimonio, i figli,
la radio in macchina, il televisore telecomandato,
un paio di salti gerarchici in ufficio,
e la donna mia nel fiore della bellezza.

Potevo ritenermi un uomo felice,
contento e pacifico nel suo mare di cose,
i figli piegati sui libri, io rivado a cottimo,
poi di colpo scopro che la maturotta mi tradisce.

Crolla il mio mondo rispettabile,
che profuma di quotidiani portati nel cesso,
e gli ''olè, goool'' dietro al tivù,
come un imbecille, come un verme.

Mia moglie, brava casalinga, è una troia,
rea di avere sposato un cappone come meh,
la Coppa dei Campioni stasera,
e quella dei coglioni domani.

Quando ero studente,
credevo all'amore come unica cosa certa,
adesso ripenso a quel mio strano amico,
che non si sposò mai, ed è oggi felice;
perchè non ha fatto nulla,
non ha creato nulla,
ha voltato il culo al pane,
ai figli che ha sparsi per il mondo,
per tutti noi rotondo,
per me privo ormai di senso,
e per questo, tutto da scoprire.

                    ( Camillo Catellani; Giugno 2000 )

AHD. LE 4 POESIE PAGANE --- D


 299.
                    POESIA    PAGANA --- D


Mi osserva timida,
non parlerebbe mai per prima,
lei.
Forse, non lo sà neanche,
mi ama.
Io però penso ad un altra.
Negli anni,
che sono tanti,
da meh vissuti,
tanto amai,
mai contraccambiato.
Il viale di periferia,
lungo e diritto,
ha il pavè ricoperto
di foglie secche.
Il vento...
Il mio giaccone
si solleva alle folate.
Vado avanti per la mia strada.
Incontro ragazze senza problemi,
zingheri e ladri,
tutti fumiamo assieme,
e Gigliola viene via con me,
nessuno ci fà caso.
In città ci guardano,
come fussimo due profughi:
abbiamo negli occhi
quella libertà pulita
che terrorizza,
il borghese limpido fuori
e marcio dentro.
Nella cantina affollata,
in fondo al tramonto,
le ombre della sera,
le mosche sui boccali svuotati.
A parte ho messo i piaceri minori,
accantonando gioie inesistenti,
vira al masochismo,
il sapore salato dell'amarezza della vita.
Decido di restare,
appoggiato ad un ricordo,
ma la birra diventa orina,
bevo di colpo e scappo fuori,
Stelle e grilli:
canti e lucine si alternano,
a soli cento metri più sù delle case,
l'universo sprezzante ci schifa.
Per questo solamente,
rientro nella mia baracca,
e mi addormento sereno,
profondamente menefreghista.

           ( Camillo Catellani; Giugno 2000 )

AHC. LE 4 POESIE PAGANE --- C


 298.
                POESIA PAGANA


                         C


Non credere a tutto quel che dico,
però non posso mentire,
oggi non vivo più,
in falsità da nascondere.

Vuoi veramente avvicinarti a meh,
donna fatta e non ragazzina capricciosa?
Apriti subito, senza aspettare,
apri le coscie ed il tuo cuore, amami!

Corro torppo? Non credo.
Sempre a rilento, piuttosto, ho vissuto,
in tutti questi anni spesi male,
ma non invano, adesso so vivere, e mi basta.

Il temporale violenta i fiori e le piante,
ma alla fine, torna il sereno ed è un
paradiso di profumi indescrivibili,
quindi, donna, lasciati andare, che sei come un giglio.

Sì, amo le canzoni che canta la tua voce,
ti sento viva e libera, dolce e serena,
mi conquisti e ti sento mia,
domani è il primo settembre, sono felice.

              ( Camillo Catellani; Giugno 2000 )

AHB, LE 4 POESIE PAGANE --- B


 297.
                   POESIA PAGANA


                              B


Il mio amico di anni ed anni,
è la solitudine sapida
di giornate finite
ancor prima d'iniziare.

Il rispetto reciproco,
frà amici lo ritrovo,
in amici ritrovati,
e c'è reciproco rispetto.

Ho sul cuore la stella di David,
è la convinzione che non tutto è perduto,
ma ho imparato a non illudermi,
sò anche piangere in silenzio.

Vorrei amare senza pensare al sesso,
ma senza Eros non c'è amore,
se devo di nuovo soffrire,
come già ho sofferto, sono pronto.

Non accetterò più comunque,
passioni cieche che non portano a nulla,
e se a soffrire saranno altri,
sono pronto a diventare cinico e feroce.

               ( Camillo Catellani; Giugno 2000 )

AHA. LE 4 POESIE PAGANE --- A


296.
             POESIA PAGANA   


                       A


Si è svuotato il nostro amore.
Perchè piangi dirotto come pioggia,
se fino a ieri sembravi una statua,
convinta della bontà della marmorea durezza.

Io resto aggrappato al furore sessuale,
che è oramai solo un ricordo lontano,
io grosso, enorme e tu esile e minuta,
accoglievi estasiata la mia afosa carne.

Non mi illusi mai sul tuo conto,
più del tanto,
io ti amavo in un modo selvaggio,
tu eri fredda, dopo l'amore.

Fermammo l'auto, in una banchina,
l'asfalto appena rifatto, brillava,
io bevevo acqua fresca, ed ero felice,
''-Amo un altro, da sempre, e ci vediamo ogni tanto-''.

E' troppo tardi, per pentirsi,
di tanta ferocia da parte tua,
è inutile pure il tuo sbigottimento,
perchè ti ho appena detto, d'essermi fatto pederasta.

           ( Camillo Catellani; Giugno 2000 )

sabato 1 marzo 2014

AGV. MI SENTO BENE, IO STO BENE (Gomma Dammar)



IO MI SENTO BENE, STO BENE (Gomma Dammar) 

 Il sole è alto nel cielo.
Radiosa mattina di marzo,
in me aria nuova, ed amici
che mi capiscono, ci parlo.

La Vita continua, nonostante
l'età non più verdissima
porta l'aria ventosa del mare
nuove cose nel mio animo.

Un vecchio pensiero che
mi turba ogni tanto
passa via veloce, in fretta
riccetti neri ormai caduchi.

Nel turibolo che è semplicemente
una scatoletta di latta di tonno
arde tranquillo e profumato
un bel pezzo di damar.

Le nostalgie del passato
sono acqua piovana che
veloce lava via vecchie realtà
mi sento bene, io sto bene.

   ( Camillo Catellani; 1° Marzo 2014 Mattina )