MARTIRIO ACUSTICO
Te la canto io la canzone.
Vuoi sentire un dolce violino, vero?
Noi non suoniamo, non cantiamo.
$% anni, il cambiamento.
Plurale maestaticoico.
O come si dice, majestatis.
$% anni, noi abbiamo cancellato la parola
EMOZIONE.
Abbiamo cancellato gli account ai social forum.
Neglettato, spallonato le amicizie che ci mettevano
allegria.
LOG DEI PENSIERI
Le chiappe di profilo di E. nel bar là sulla collina.
Caserma Passamonti.
Non devo sporcarmi con una come te (non c'èntra
niente con la ragazza sopracitata, è solo la canzone
di Mal dei Primitives che mi torna in mente da un pò).
Spengo tutto e vado a dormire.
INUTILI AMICI D'UN TEMPO
Tensione emotiva fuori luogo.
A chi interessa il passato remoto, specie se nella zucca
ha birra e ribollita.
Mi vien da ridere: 'i trippaio l'ha sempre in caldo,
sempre a' bollore...
La vita è durissima per tutti, prima o poi tutti si piange,
Ma infierire mai, su di me, semmai...
Perchè chi gioca con le parole come con i Lego
o gli è un bischero o un malato.
L'ho pur scritto, lui è meglio di me.
TI FACCIO PASSAR LA SETE COL PROSCIUTTO
MAGGIO 1976
Tanto volli quel posto, tanto lo desiderai...
Entrai una mattina, un tale mi speigò alcune
cose fondamentali.
Un generatore di onde, delle radiotelescriventi
con l'inchiostro blu, e là, nella enorme stanza
nella penombra, gli smistatori telefonici, sdoppiatori
da 12.000 numeri ogni sala.
Otto sale in tutto.
Nella sala dei Telefoni, 56 apparecchi ITT del 1973,
tutti ordinati sopra un grande banco.
Io dovevo rispondere quando suonavano: una
lampadina verde si accendeva, solitamente ricevevo
una chiamata ogni 45 minuti.
Molte volte erano numeri dati da una voce registrata,
numeri e lettere, sempre 5 caratteri.
Qualche volta erano delle serie di 5 B-Y.
Ogni gruppo di B-Y era un carattere alfanumerico.
Poi passavo subito nella sala degli sdoppiatori,
verificavo la linea interessata, agivo su dei
meccanismi, premevo dei pulsanti, finalmente
componevo dei numeri di telefono.
Luisa, Angela, Pasquale, Osvaldo, Nicola, Cesira,
Giovanna...nomi, numeri, numeri e nomi.
Da un altoparlantino ad altissima impedenza,
niente toni gravi, il suono del telefono controllato.
Pezzi di conversazione, che pian piano ascoltavo
senza più interesse.
Controllavo lo stato della linea, se tutto era a posto
gli ingranaggi elettromeccanici scattavano, come dei
carillon meccanici senza musica.
Ogni telefonata che passava negli enormi stanzoni
attraverso gli sdoppiatori, gli smistatori, i doppiatori,
i trasferitori eccetere eccetera, emettava un sommesso
clangore.
Una sinusoide in sottofondo nell'intero complesso di
nove piani, un tono di 100 Hertz modulati, vibrava
senza interruzione 24 ore al giorno.
Nel giro di pochi giorni entrò in me, e non lo sentivo
più, ma ne avvertivo l'assenza quando uscivo dal
palazzo.
Passai li dentro i mesi estivi, l'aria condizionata
funzionava alla perfezione, ad ogni piano, un addetto.
Ci si sentiva almeno una volta al giorno, secondo
ciò che serviva per il perfetto funzionamento delle
macchine: una serie di cinque lettere seguite da
un altra di cinque numeri: se era necessario
indicare il suono di campanello, di drin telefonico,
l'operatore diceva semplicemente F16, ma spesso
per essere meno meccanico, diceva 'campanello'.
Qualche volta ascoltavo in cuffia le conversazioni.
CERTE GIORNATE
Certe giornate, quando pioveva, lo vedevo comodamente
dai grandi finestroni delle stanze degli sdoppiatori,
stavo bene, lavoravo tranquillamente.
In altre invece, mi veniva la Sindrome Cibernetica,
e cercavo le telefonate che poi mi hanno alienato,
assieme ai numeri, ai codici, ai telefoni squadrati
e ieratici ITT, AT&T e alle stampanti Olivetti.
Bertini chiama il 32...chiama il 32...chiama il 32!
Filippi rientare...rientrare.
ZZZZZ-Trrr-UNO-CINQUE---Trrr.
Il sole perpendocolare nella stanza numero 3.
24 Agosto 1976 Ore 17:50
Ebbi paura un giorno ad entrare nella sala dei
telefoni: sembrava una grande sala riunioni
con il classico tavolo a semicerchio, grande
ad ogni posto immaginario, il telefono delle
comunicazioni di servizio.
I pericoli della solitudine associata ad un lavoro cosi'
particolare mi erano stati sbrigativamente illustrati
dal Responsabile di Sala del mio livello, che non
c'era mai, chiuso nel suo piccolo studio da
cantralinista del palazzo, con un semplice telefono
da centralino, ed un pannello da 32 ingessi.
23 per le chiamate provenienti dall'esterno,
1 per quelle dalla portineria, (che aveva a sua
volta un centralino con pannello da 8 ingressi
per le telefonate dei famigliari degli addetti alla
Sale degli Sdoppiatori), ed 8 infine per le comunicazioni
di servizio degli addetti alle 8 Sale.
Solitamente il Responsabile di Sala, lasciava passare
tutte le chiamate dei famigliari dei Responsabili
di Sala, ma era ferreo sui contenuti delle conversazioni:
pretendeva, come da regolamento, che iniziassero con un codice
di quattro cifre alfanumeriche seguito dal simbolo del
campanello ed ogni messaggio doeveva finire con una serie
ripetuta ad libitum di U.
Il Codice Iniziale, che poteva essere casuale, di libera
scelta del chiamante, serviva semplicemente da identificativo
della registrazione della conversazione, che partiva
automaticamente al momento in cui veniva sollevato il
ricevitore del telefono.
La serie finale di lettere U serviva da impulso vocale
di Fine Chiamata, al termine delle vocalizzazioni,
la registrazione terminava.
Queste erano registrate su enormi bobine di nastro
verde, da un registratore sito all'ultimo piano
dell'edificio, il piano 8\B, senza finestre.
Lì, l'unico l'addetto, lavorava tre soli giorni a settimana,
per sole quattro ore.
Sei turni garantivano il perfetto monitoraggio di tutte le
comunicazioni interne del palazzo dei telefoni.
Raramente ero impiegato, in via sperimentale, al
controllo dei monitor interni del palazzo, ma alla fine
venne assunto un addetto specializzato nel campo
video.
Caddi pazzo nel Febbraio del 1978, e fui licenziato
due giorni dopo, con congrua buonuscita.
Restai internato in Ospedale, reparto Psichiatria
al Mangiagalli per due mesi, dove mi ripresi.
Mi fu concesso senza alcuna difficoltà, il pensionamento
anticipato (avevo solo 38 anni).
Dopo divesri anni di serenità, comprai il mio primo
Personal Computer.
Era il 1999,
Imparai in fretta, in pochi giorni ero già in grado
di accendere e spegnere, salvare testi, effettuare
audiomodifiche, fare disegnini elementari e colorare.
Poi, un tranquillo pomeriggio, con la casa vuota,
mia moglie era dalle amiche al primo piano, in una pagina
di sistema, trovai delle icone che mi facero letteralmente
sobbalzare dalla sedia: un disegno stilizzato rappresentava
un centralinista di profilo, con in testa cuffia con microfono.
Di queste icone ce n'erano tante, cliccai su una a caso
ma non successe nulla di particolare, solo una finestrella
strana con sopra scritto 'Apri Con'.
Cliccai su una icona a caso dentro quel riquadro, ed i sangue mi
si gelò nelle vene: 'Bertini chiama il 32...chiama il 32...chiama
il 32!'....
VOLTI BIANCHI, VOLTI NERI, SORRIDENTI.
Un altro pomeriggio, trafficando con il PC,
ero pratico, ma solo agli inizi, mi imbattei in
una icona sconosciuta.
Cliccai, si riaprì la finestrella 'Apri con': cliccai
su una icona a caso, e si aprì, dopo qualche
secondo, un foglio di blocco note.
Vidi una marea di caratteri incoerenti, numeri, lettere
croci di cimitero, cuoricini, picche, mezze svastiche,
delle U rovesciate, e per finire, il simbolo di un
campanello...
Sempre più incuriosito, ed un po' inquieto, vidi
anche delle faccine sorridenti, alcune bianche
altre, specularmente, nere.
Quelle nere, avevano un espressione sardonica, che
mi affascinava e mi mettevano una strana inquietudine.
Mi vennero in mente all'improvviso le carte da gioco
napoletane del mio povero nonno: sul cinque di
spade c'erano delle figure in controluce che non
riuscii mai a capire bene cosa rappresentassero,
sembravano, ne fui sempre convinto, anche se
era ovviamente illogico, un buontempone che
suonava la tromba, ed il suo compare che
rastrellava il bagnasciuga di una spiaggia...
Indubbiamente stavo avanzando a grandi
passi verso quello smarrimento psicologico
che mi prese con inaudita violenza venticinque
anni prima.
Solo, più sottile, e, tutto sommato, meno insidioso,
più controllabile.
Quasi sempre accendevo la radio, mettevo musica,
scoprii gli MP3, dapprima dai CD-ROM comprati
in edicola, quindi, scaricati da Internet (ma questo
avvenne molto tempo dopo l'acquisto del PC).
PARTE 1 - FINE
( Camillo Catellani 23-24 Novembre 2012 )
PARTE 2
Dai finestroni di vetro spesso e fumè, vedevo di
sotto, la gente camminare, ridere, divertirsi, scherzare,
ragazzini sui pattini a rotelle correre.
Certe volte sbarravo gli occhi mentre venivo sommerso
dai rumori e dai cigolii elettromeccanici degli ordigni
telefonici che a migliaia occupavano i grossi stanzoni
del piano a me assegnato.
La solitudine arrivò ad essere così bestiale che iniziai
a sentire voci telefoniche minutissime uscire direttamente
dagli ingranaggi degli sdoppiatori, voci che non erano
voci, ma modulazioni senza senso, incomprensibili,
eppure per me fin troppo ovvie.
Un giorno di dicembre, c'era la neve alta per Milano,
il chiarore rimbombante filtrava attraverso le vetrate
leggermente affumicate, e gli stanzoni sembravano
grandi scatole di panna montata.
Il silenzio ovattato di quei giorni strideva con i ticchettii
degli ingranaggi forati degli smistatori telefonici.
Nel '77 passai la notte di capodanno da solo al buio
in uno stanzone.
Mi fece compagnia un monitor pesantissimo da cui
vedevo le trasmissioni di Tele Capodistria.
La radiotelescrivente era collegata con le centraline
telefoniche milanesi e lombarde.
Ricevetti messaggi d'auguri scarni a matrici di
punti, inviai messaggi codificati ed incomprensibili
che tutti i miei colleghi comprendevano fin
troppo bene.
Solo, nella stanza dei telefoni, seduto su una
sedia in pelle qualsiasi, ascoltavo il silenzio
della grande sala.
Ogni tanto squillava un telefono, mi limitavo
perlopiù a proferire monosillabi di risposta.
Più il tempo passava, più perdevo la cognizione
della realtà e del tempo.
Mi sembrava di non uscire mai dal grande palazzo
degli sdoppiatori.
Avevo ormai una vita privata fatta di pochi e ripetitivi
eventi, che non lasciavano nessuna traccia in me.
Fino allo scacco fatale, quando fui trovato a parlare
direttamente al gigantesco sdoppiatore telefonico
senza che nessuno parlasse con me, ed in uno
stato di trance, con gli sbarrati dal terrore.
TABELLA DEI GRIGI
Il mio computer, quadrato, monolitico, bianco e blu
come un forno a microoonde, una lavatrice.
L'icona di Programma, era questo.
Primi programmi di grafica.
Trasformazione di immagini a colori in immagini
a 256 colori.
Poi a 16 colori.
I crocini delle interpolazioni a 16 colori facevano
molto 'campagna', mi mettevano allegria,
sembravano delle tovaglie da pic-nic sui prati
fuori porta, o ai laghi.
Immagini speculari.
I rossi diventano verdi, il bianco diventa nero.
Le immagini ad un bit, i colori cangianti, la
Tabella dei Grigi.
L'effetto penombra del bambino che ripara
la ruota del carrozzino: il sole diventa ombra
l'ombra, luce...effetti strani, arcani, inafferrabili...
resto interi minuti a guardare, affascinato...e risento
il sommesso clangore degli sdoppiatori, del sole
che trafigge i solai ed il primo bacio dato quando
avevo quindici anni a lei che moriva d'amore per
me e partì quasi subito per la Nuova Zelanda.
E restai senza l'unico mio vero amore.
Cosa cercavo i quei bui dimessi e frusti, cosa vedevo
realmente nei falsi colori e nelle foto virate seppia?
2 - FINE
( Camillo Catellani 23-24 Novembre 2012 )
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