giovedì 30 gennaio 2014

AER. L'ORGIA DELLE TRENTASEI


 L'orgia delle trentasei

Calde notti nella fredda Svezia

Le Palle Svedesi

Lo 'Svedese'

Casulan, largh' de cul, strett' de man

La cioppa

La ciovetta

Il 'Duomo di Milano'

Il 'Monumento ai Caduti'

La caravana di Baghèga

Li Mazzamarill'

Io, Paride e 'Capodistria', Giulianova Lido '81

A Dottrina dalla Giuseppina, Primavera 1978 - Don Filippo

La 'Calata dei Mongoli'

Pronto via!


E' bellooo!


Pronto iniziare lo spettacolo pronto!


Ed ora, Tano e Dolly sui trampoli...


Dall'America alla Germania, dalla Germania qui in Italia
per la prima volta!
Broadway Folies vi attende!


Avanti, avanti a ridere, avanti a divertirsi!

Appena entrate subito vi divertite!


Ogni passo una risata, 
ogni metro una sorpresa!

Argimo gimo!













AEQ. VENIVO GIU'


 VENIVO GIU' 


Venivo giù, lentamente, col motorino 
sentii una musica inusitata,
un portoncino di legno era aperto
a metà, un piccolo cartello
di carta scritto a matita,
diceva che si poteva entrare a
piacimento, liberamente.
Ero ancora troppo giovane, per
capire che sarebbe stato meglio,
portare qualcosa, che so, una
bottiglia di vino, dell'affettato,
un dolce anche confezionato, o
magari, delle paste a crema.
Meglio, ma assolutamente non
necessario.
E poi, a 17, chi mi obbligava.
Ancora belli gli autunni, a quel
tempo, giusti, brumosi e freschi.
Vi trovai poche persone, tutte
di una certa età, un orchestrina
che suonava divinamente, ma senza
alcun impegno, e lui, che mangiava
sereno un panino, nella sua città,
protetto, semplice, i capelli
lunghi, gli occhiali colla montatura
rossa, il portaocchiali pendente
sul petto.
Chiesi a lui cose indifferenti,
la sua semplicità, mitigò
abbastanza un emozione ovia.
Incontrai anche una cara persona
che conoscevo bene, anch'essa
oramai scomparsa, che chiese col
suo garbo da gran signore, una
canzone: 'Non ti fidar, d'un bacio
a mezzanotte'.
Affettai del salame, da gran pappatore
mi contenni, però l'atmosfera favolosa
e cordiale di quell'improvvisato
festino, mi ammaliava.
Accennai di quel giorno, al padre
dell'ospite illustre, fotografo
dentro le mura, ricordo che mi
disse che non ci sarebbero più stati
giocondi festini laggiù: nel giro
di pochi mesi morirono moglie e
marito, indivisibili anche nell'
estremo viaggio.


 ( Camillo Catellani; 30 Gennaio 2014 Notte )



































mercoledì 29 gennaio 2014

AEP. DALLO SPAZIO PROFONDISSIMO


  DALLO SPAZIO PROFONDISSIMO


Quella voce ancora risuona nella mia mente.
Possibile tanta lontananza, tanta perifericità?
Più in là di tutto, oltre ogni immaginabile distanza, Plutone.
Ma tu amico carissimo, che non rispondi, che ti
fai prezioso, che ammiri gli spazi siderali, ti interessi di radioastronomia, la tua voce è flebile, è fioca ma non affascina, non tange.

Mentre lui là, l'ignoto, l'alieno, il reietto
delle nostre sporche coscienze,
 lui, chiama, senza posa, senza
interruzioni, chiama e pensa a noi.

Sono tornato dopo tanti anni nella
casa paterna a..., nel freddo di gennaio
l'oscurità dell'ingresso mette i brividi.
La porta di legno cigola, non l'ho chiusa
poichè non temo i ladri, qui non c'è
più niente da portavvia, dal 1975 non
c'è più nessuno nel raggio di chilometri.
Questo posto è l'ideale per l'ascolto
di lontani segnali, che giungono da
lontanissimo.
Ma nessun congegno è con me, nessun
ordigno, il mio è un viaggio metafisico,
dove l'immaginazione, di cui ormai
la gente è completamente sprovvista,

che anche volendo, ora non ponno,
si compenetra alla fantasia, divenendo
fantastici recettori di voci e sensazioni
provenienti dallo spazio più profondo:
quello della nostra anima e della nostra
sensibilità.

   ( Camillo Catellani; 29 Gennaio 2014 Sera )












































domenica 19 gennaio 2014

AEO. CARTE MUTE


CARTE MUTE


Io mi trovo qui, lui si trova là, lei stà lassù,
a 310 gradi, mi piace la lancetta della marmorizzazione
del programma di fotoritocco.
Rame.
Effetto bello ma alla lunga stufa.
Immagini ad 1 bit, sempre belle.
Suggestive.
ricordo con il Paint Shop Pro 4, dal CD-ROM
uscito con Computer Magazine di Febbraio 1999,
mi divertivo con il comando 'Aritmetica', su un disegno
di una donna con fazzoletto in capo.
Questa donna, primo piano di tre quarti, aveva un
sorriso e degli occhi strani, magnetici, e modificati
avevano un aspetto vagamente inquietante, tanto che
alla fine delle modifiche, stampai e incollai il foglio
nel corridoio di casa, ma mia madre non era molto
contenta per quel motivo anche lei...
Motivi controluce: un bambino ripara la ruota di un 
carrozzino, nella penombra, altra clip-art di quel 
CD-ROM, immagine ad 1 bit, col comando Inverti,
colori (per dire...) invertiti, la penombra al contrario,
strano effetto.
Ammetto di aver sembre subìto il fascino di certi
effetti grafici semplici ma suggestivi.




































sabato 18 gennaio 2014

AEN. 177


 177

Nella grande ed austera clinica tedesca, antica,
severa, da anni,le camere (tutte rigorosamente singole), erano provviste di un'altoparlantino a muro, piatto, situato alla destra del letto di ogni paziente, all'altezza del braccio destro teso. da poter regolare il volume ed il tono.
Da questi diffusori,veniva mandata, da sempre, la stazione in Onde Lunghe Deutschlandradio Kultur, sui 177 KiloHertz.

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Sono nella penombra, la giornata laffuori è fredda, ma qui dentro il riscaldamento funziona bene.
Sono stato in coma otto giorni, ora stò meglio.
La stanza è spoglia, bianca ed asettica ma non 'fredda'.
Sono assiso sul letto ed ho coscienza di stare ancora male, ma decisamente meglio.
Mi fà compagnia questa musica classica, e questa voce tedesca: non capisco
che qualche parola.
Dall'altoparlantino incassato nel muro, e ricoperto da una lamina di alluminio
grigio bordato di nero, ed una graticola a raggiera al centro, la musica la faccio
uscire a volume bassissimo.
Ora mi metto sul fianco, e stendo il braccio sinistro per alzare il volume.
Trasmette musica contemporanea del Novecento, molto sperimentale.
Una nota di viola tenuta lunghissima, seguita da due note più brevi di pianoforte, ma con pedale.
Tutta l'opera, cinquantasei minuti, và via così, e mi piace.
Altre volte tengo basso il volume, quasi impercettibilmente, però, qualcosa
si sente sempre: infatti questi diffusori sono predisposti in modo tale che non si possano silenziare mai completamente.
L'eccessivo silenzio, infatti, in cui è immerso l'edificio, tra alti alberi secolari,
potrebbe dare una pericolosa forma d'angoscia a certi pazienti, e devo dire francamente, che io stesso, non tollero, per lungo tempo, il silenzio totale, soprattutto di notte.


















AEM. CRIPTO


 CRIPTO


Messaggi cifrati.
Parole crittografiche.
Scritti criprici, ma neanche poi tanto.

Camminare spediti per molto tempo
non essendo abituati.
Perchè non andare con i mezzi?

Nella notte, a tu per tu con me stesso,
una esclamazione incredibile, sconcia,
sconnessa, un attimo di creazione senza 
creare un bel nulla.

Nella notte, molti anni dopo, vivere per 
i rumori condominiali, 

Strani rumori da lontano, inquietanti.
L'afa estiva notturna nasconde insidie moleste,
fatti sconvolgenti accadono, nel buio negro
di Luglio e di Agosto, quando il dormire con
le finestre aperte ci unisce alla Natura
e torniamo animali, cercopitechi, babbuini
animali notturni, rapaci.

   ( Camillo Catellani; 18 Gennaio 2014 Notte )


 Lu Cucc' la sapeva lunga...ci guardava,
non parlava, sorrideva leggermente, ma 
stava zitto...








 











AEL. VOGLIA DI MORIRE


 VOGLIA DI MORIRE

IPOCRISIA

Voglia di morire: Rivederti, con un altra che ti vive
accanto mi lascia indifferente...
Ipocrisia...gettare l'acqua e avere tanta sete...

IO STAVO PIU' IN BASSO

Quel pomeriggio, seduto, io stavo più
in basso, ma la porta la tenevo chiusa a chiave.
Oggi il mio stato d'animo è questo.
Non c'è più affetto, niente più tenerezza,
niente più carezze, niente amicizia, niente
pizza nè cinemini, 
Niente più telefonate.
Nè settimane nei giardini assolati, e nei 
freddi parchi di manieri di lassù...

POLVERE DI UOMO

Polvere di pinguino.
Nella notte un uomo da poco scrive,
nessuno legge.
Son passati tanti anni, ma il tempo è un astrazione,
i pensieri son sempre gli stessi, pur se non hanno
più alcuna forza, sono solo figure bidimensionali.
La mia condanna non ha un Fine Pena, non sono
niente, sono inesistente.

        ( Camillo Catellani; 18 Gennaio 2014 Notte )










 



















 


lunedì 13 gennaio 2014

AEJ. BARONIA


 BARONIA


Sì, la sua aria sprezzante, sempre atteggiata al disgusto
quando deve giocoforza confondersi con la massa,
con i sudici lazzari, la bassa plebe, i borghesi del cazzo,
come lui li chiama, fanno rabbia, che lo vorresti prendere
a calci.
Ma le sue radici gitane, magiare, tradiscono una fiera
tradizione, dura a morire, di complessi d'inferiorità
di un piccolo uomo di una piccola provincia d'Europa.

Luciano Horvath era alto e snello, austero ed autoritario,
parlava poco, pensava molto, aveva pochissimi amici,
che a dir la verità, alle volte lo sopportavano mal
volentieri, perchè faceva spazientire la sua
propensione all'istrionismo, alle ciance senza capo nè
coda, alla delazione, al chiacchiericcio.
Il fatto è che sintetizzava con maestria il suo pensiero
ed esponeva con poche parole quel che voleva dire.
Per questo pareva criptico.

In realtà aveva un gran cuore, spesso rideva con
gli amici più cari del suo orgoglio, lo smontava,
lo ridicolizzava al punto che avresti creduto
di trovarti di fronte un Giano, eppure era
una persona semplice, di poche pretese.

   ( Camillo Catellani; Gennaio-Febbraio 2014 )



























AEI. FATTO COSI'...


FATTO COSI'...


E' fatto così, l'aroma aspro della amara vita
lo stempera nel profumo del brodetto alla
vastese che la madre ancora cucina.

Una mano sul cuore, lui, come antico uomo
fà giuramenti solenni, non si scappa,
solo che li fà sulla tua testa.

Non lo vedrai mai piangere 
la sua sciagurata esistenza
il suo modo di comportarsi.

Solo le canzoni popolari greche
lo smuovono e lo straziano:
si eleva mentre pisola nel pomeriggio.

Fatto così, fatto che fà venire rabbia,
si fà nemici senza colpo ferire:
i mediocri coglioni, falsi perbenisti.


   ( Camillo Catellani; 13 Gennaio 2014 Mattina )












domenica 12 gennaio 2014

AEH. GIULIANOVA LIDO 1977


 GIULIANOVA LIDO 1977


Primavera a Giulianova Lido, nel '77.
Sotto il cielo coperto, piovigginoso, il mare, mosso,
freddo, bello.
I grossi altoparlanti dell'autoscontro di mio zio
suonavano 'Io Me Ne Andrei' e 'Solo' di Claudio
Baglioni.
Sulla spaggia, sul bagnasciuga, orme di topo.
La mamma, in carovana, preparava La Bambola
ed il Cavallo, fatto con la pasta del Ciambellone,
il forno era caldo, i decori, codette al cioccolato,
quelle multicolore e le palline argentate mettevano
allegria.
Una nave in lontananza, passava: luci gialle e rosse
si intravedevano, sullo sfondo blu metallico
dell'imbrunire.
Poco prima di cena, mio padre, prese, dall'esterno, 
il grosso barattolo di alici in salamoia, e ne tirò
fuori qualcuna.
Bella la latta piatta multicolore, con disegni e scitte: 
Mazara del Vallo, Sicilia.

             
( Camillo Catellani; 12 Gennaio 2014 Pomeriggio )

AEG. IL FALO'

      
      IL FALO'


Davanti al grande falò, eravamo finalmente giunti
io ed i miei amici.
Restammo muti per un pò di tempo, la luna dall'alto osservava curiosita ma sufficiente, questi grossi fuochi notturni, nel freddo di dicembre.
Agazio accese una cicca, io nasai del tabacco del
New Jersey, Carla e Urbano s'imbacuccarono di
più nei cappotti.
La neve era bassa, radente la strada ma rasserenando, nella tarda mattinata, la temperatura era crollata, ora si era attorno ai cinque gradi sotto zero.
Me lo diceva sempre mio padre, che la neve era brutta cosa: quando gelava, compattava.
Sulla piccola piazzetta oltre la radura erbosa,
c'erano delle orme di gatto nella neve.
Avevamo fatto le due, il freddo era diventato ormai insopportabile, io già gustavo il piacere delle calde coperte.
Rincasammo.

         ( Dicembre 2007 )

sabato 11 gennaio 2014

AEF. SOLITUDINE E DESIDERIO


 
    SOLITUDINE E DESIDERIO
(Una breve poesia ed un sogno fatto
pochi giorni fà)




                    *** ***

Un barattolo nello spazio
tante miglia fà.
Negli anfratti della mente umana
stanno nascosti sogni e
desideri.

     


Il grande istituto, non sembrava
certo un OPG, sale ampie, luminose,
tanti ragazzi, forse anche ragazze,
dai vent'anni in su, credo, e non
vedevo gente della mia età (46).
Ero in uno di questi stanzoni,
che sembravano aule scolastiche,
ma non si studiava, non si faceva
nulla, c'era animazione ma non chiasso.
Ad un certo punto, come una campanella
di scuola, gli occupanti delle stanze
dovevano uscire, se necessario anche
correndo.
Non credo succedesse nulla, se qualcuno
non usciva, ma era oramai la prassi.
Uscito anch'io, iniziai a girovagare
per l'edificio, nei corridoi affollati,
entrando ed uscendo liberamente nelle
stanze, alla ricerca di XX, semmai
fosse ancora lì.
Ad un certo punto, un ragazzo molto
severo, mi chiama, dicendomi '-Staì
cercando XX, vieni con me'.
Lo seguii, salimmo delle rampe di
scale, larghe ed affollate anch'esse,
ed arrivati al piano successivo,
mi trovai di fronte ad una vasta stanza,
affollata, ed alla mia sinistra,
una panca, con due-tre persone
sedute.
La prima a destra, era lui, sempre
giovane, con jeans azzurro chiari
e pull dello stesso colore.
Mi sorrise, dapprima sorpreso,
poi sempre più felice.
Mi sedetti su una sedia, e lui
si sedette sulle mie gambe in un modo
strano, come un bambino sul
grembo della madre.
Ci fu un potente pianto suo, ed anch'io
ero visibilmente commosso.
Ci stringevamo forte, felici di
rivederci dopo tanti anni.
Del sogno non ricordo altro.

  ( Camillo Catellani; 11 Gennaio 2014 Mattina )



















































mercoledì 8 gennaio 2014

AEE. DIALOGHI CON AMMASCIO' - INVERNO

 DIALOGHI CON AMMASCIO' - INVERNO

Come sei tetro oggi Ammasciò.
Ma non vedi, o tu, che giornata: da una settimana sempre
coperto, sempre freddo gelido, non un filo d'aria, non 
una goccia di pioggia, nemmeno un uccellino qui
a Piazza Grue...
Eh sì, Ammasciò, ma quel che manca a noi, è
dentro, e non fuori, gli aspetti esteriori.
Ti raggiòn o tu, io dentro di me starei anche bene,
ma alle volte cedo anch'io, mi lascio ancora condizionare
degli eventi al di fuori me.
Come ti capisco, ma d'altra parte il passato non 
ritorna, penso ancora sai, alla Girella di Lotta
Continua...
Eh...zitto,,,zitto,,,perchè io non ci penzo?
Ma Ammasciò, dimmi, possiamo stare lì
a pensare ad una cosa di così poco conto,
ad oggetto senza alcun valore, e a una scritta
di ragazzotti?
Certo, lo so, lo dici a chi lo capisce, però 
tu sai bene che la Girella di Lotta Continua
aveva un valore simbolico enorme, era un segno
esteriore pieno d'interiorità.
In che senso, spiegati che non ti seguo.
Semplice, sai: l'emarginazione dei ragazzi delle 
Case Popolari, ma anche di Città Satellite, 
di Via Bardèt, di Via Silvio Spaventa, di Via
Thaon de Revel e di Piazza Caduti del Mare
si evidenziava, si esteriorizzava in scritte
sui muri, proprio come i ragazzi di oggi, che 
però, a differenza di allora, sono andati
in paranoia per il troppo, mentre nel 1973,
per il troppo poco.
D'accordo, Ammasciò, ma c'erano anche 
ragazzotti che avevano.
Certo, ed erano i più estremisti, fu proprio
uno di loro, una sera di novembre del '73
a scrivere Lotta Continua sulla base della
Girella.
Accidenti...però chissà se rabbia e furore
furono condivisi in quei giorni...
E certo! Anche io ho fatto parte di un gruppo
Contestatore, ma questi ricordi mi mettono
ancora più freddo...
Hai ragione, in un certo senso gli anni '80
portarono un pò di benessere e di calore,
anche se la gente stava peggio dentro,
ci furono anni violenti...
Me li ricordo, o tu, quegli anni, ma vedi
continuiamo a parlare di fatti e non di stati 
d'animo.
Hai perfettamente ragione, caro Ammasciò,
ritiriamo su bavero e cappuccio e torniamo
a sederci sulla panchina, in silenzio, nel 
gelo di questo gennaio cane, maceriamo
così i nostri pensieri rigidi e secchi.

    ( Camillo Catellani; 8 Gennaio 2013 Mattina )








































domenica 5 gennaio 2014

AED. MARTIRIO ACUSTICO


 MARTIRIO ACUSTICO


Te la canto io la canzone.
Vuoi sentire un dolce violino, vero?
Noi non suoniamo, non cantiamo.
$% anni, il cambiamento.
Plurale maestaticoico.
O come si dice, majestatis.
$% anni, noi abbiamo cancellato la parola
EMOZIONE.
Abbiamo cancellato gli account ai social forum.
Neglettato, spallonato le amicizie che ci mettevano
allegria.

LOG DEI PENSIERI 

Le chiappe di profilo di E. nel bar là sulla collina.
Caserma Passamonti.
Non devo sporcarmi con una come te (non c'èntra
niente con la ragazza sopracitata, è solo la canzone
di Mal dei Primitives che mi torna in mente da un pò).
Spengo tutto e vado a dormire.

INUTILI AMICI D'UN TEMPO

Tensione emotiva fuori luogo.
A chi interessa il passato remoto, specie se nella zucca
ha birra e ribollita.
Mi vien da ridere: 'i trippaio l'ha sempre in caldo,
sempre a' bollore...
La vita è durissima per tutti, prima o poi tutti si piange,
Ma infierire mai, su di me, semmai...
Perchè chi gioca con le parole come con i Lego
o gli è un bischero o un malato.
L'ho pur scritto, lui è meglio di me.

TI FACCIO PASSAR LA SETE COL PROSCIUTTO

MAGGIO 1976

Tanto volli quel posto, tanto lo desiderai...
Entrai una mattina, un tale mi speigò alcune
cose fondamentali.
Un generatore di onde, delle radiotelescriventi
con l'inchiostro blu, e là, nella enorme stanza
nella penombra, gli smistatori telefonici, sdoppiatori
da 12.000 numeri ogni sala.
Otto sale in tutto.
Nella sala dei Telefoni, 56 apparecchi ITT del 1973,
tutti ordinati sopra un grande banco.
Io dovevo rispondere quando suonavano: una
lampadina verde si accendeva, solitamente ricevevo
una chiamata ogni 45 minuti.
Molte volte erano numeri dati da una voce registrata,
numeri e lettere, sempre 5 caratteri.
Qualche volta erano delle serie di 5 B-Y.
Ogni gruppo di B-Y era un carattere alfanumerico.
Poi passavo subito nella sala degli sdoppiatori,
verificavo la linea interessata, agivo su dei
meccanismi, premevo dei pulsanti, finalmente
componevo dei numeri di telefono.
Luisa, Angela, Pasquale, Osvaldo, Nicola, Cesira,
Giovanna...nomi, numeri, numeri e nomi.
Da un altoparlantino ad altissima impedenza,
niente toni gravi, il suono del telefono controllato.
Pezzi di conversazione, che pian piano ascoltavo
senza più interesse.
Controllavo lo stato della linea, se tutto era a posto
gli ingranaggi elettromeccanici scattavano, come dei
carillon meccanici senza musica.
Ogni telefonata che passava negli enormi stanzoni
attraverso gli sdoppiatori, gli smistatori, i doppiatori,
i trasferitori eccetere eccetera, emettava un sommesso
clangore.
Una sinusoide in sottofondo nell'intero complesso di
nove piani, un tono di 100 Hertz modulati, vibrava
senza interruzione 24 ore al giorno.
Nel giro di pochi giorni entrò in me, e non lo sentivo
più, ma ne avvertivo l'assenza quando uscivo dal
palazzo.
Passai li dentro i mesi estivi, l'aria condizionata
funzionava alla perfezione, ad ogni piano, un addetto.
Ci si sentiva almeno una volta al giorno, secondo
ciò che serviva per il perfetto funzionamento delle
macchine: una serie di cinque lettere seguite da
un altra di cinque numeri: se era necessario
indicare il suono di campanello, di drin telefonico,
l'operatore diceva semplicemente F16, ma spesso
per essere meno meccanico, diceva 'campanello'.
Qualche volta ascoltavo in cuffia le conversazioni.

CERTE GIORNATE

Certe giornate, quando pioveva, lo vedevo comodamente
dai grandi finestroni delle stanze degli sdoppiatori,
stavo bene, lavoravo tranquillamente.
In altre invece, mi veniva la Sindrome Cibernetica,
e cercavo le telefonate che poi mi hanno alienato,
assieme ai numeri, ai codici, ai telefoni squadrati
e ieratici ITT, AT&T e alle stampanti Olivetti.
Bertini chiama il 32...chiama il 32...chiama il 32!
Filippi rientare...rientrare.
ZZZZZ-Trrr-UNO-CINQUE---Trrr.
Il sole perpendocolare nella stanza numero 3.
24 Agosto 1976 Ore 17:50
Ebbi paura un giorno ad entrare nella sala dei
telefoni: sembrava una grande sala riunioni
con il classico tavolo a semicerchio, grande
ad ogni posto immaginario, il telefono delle
comunicazioni di servizio.
I pericoli della solitudine associata ad un lavoro cosi'
particolare mi erano stati sbrigativamente illustrati
dal Responsabile di Sala del mio livello, che non
c'era mai, chiuso nel suo piccolo studio da
cantralinista del palazzo, con un semplice telefono
da centralino, ed un pannello da 32 ingessi.
23 per le chiamate provenienti dall'esterno,
1 per quelle dalla portineria, (che aveva a sua
volta un centralino con pannello da 8 ingressi
per le telefonate dei famigliari degli addetti alla
Sale degli Sdoppiatori), ed 8 infine per le comunicazioni
di servizio degli addetti alle 8 Sale.
Solitamente il Responsabile di Sala, lasciava passare
tutte le chiamate dei famigliari dei Responsabili
di Sala, ma era ferreo sui contenuti delle conversazioni:
pretendeva, come da regolamento, che iniziassero con un codice
di quattro cifre alfanumeriche seguito dal simbolo del
campanello ed ogni messaggio doeveva finire con una serie
ripetuta ad libitum di U.
Il Codice Iniziale, che poteva essere casuale, di libera
scelta del chiamante, serviva semplicemente da identificativo
della registrazione della conversazione, che partiva
automaticamente al momento in cui veniva sollevato il
ricevitore del telefono.
La serie finale di lettere U serviva da impulso vocale
di Fine Chiamata, al termine delle vocalizzazioni,
la registrazione terminava.
Queste erano registrate su enormi bobine di nastro
verde, da un registratore sito all'ultimo piano
dell'edificio, il piano 8\B, senza finestre.
Lì, l'unico l'addetto, lavorava tre soli giorni a settimana,
per sole quattro ore.
Sei turni garantivano il perfetto monitoraggio di tutte le
comunicazioni interne del palazzo dei telefoni.
Raramente ero impiegato, in via sperimentale, al
controllo dei monitor interni del palazzo, ma alla fine
venne assunto un addetto specializzato nel campo
video.

Caddi pazzo nel Febbraio del 1978, e fui licenziato
due giorni dopo, con congrua buonuscita.
Restai internato in Ospedale, reparto Psichiatria
al Mangiagalli per due mesi, dove mi ripresi.
Mi fu concesso senza alcuna difficoltà, il pensionamento
anticipato (avevo solo 38 anni).
Dopo divesri anni di serenità, comprai il mio primo
Personal Computer.
Era il 1999,
Imparai in fretta, in pochi giorni ero già in grado
di accendere e spegnere, salvare testi, effettuare
audiomodifiche, fare disegnini elementari e colorare.
Poi, un tranquillo pomeriggio, con la casa vuota,
mia moglie era dalle amiche al primo piano, in una pagina
di sistema, trovai delle icone che mi facero letteralmente
sobbalzare dalla sedia: un disegno stilizzato rappresentava
un centralinista di profilo, con in testa cuffia con microfono.
Di queste icone ce n'erano tante, cliccai su una a caso
ma non successe nulla di particolare, solo una finestrella
strana con sopra scritto 'Apri Con'.
Cliccai su una icona a caso dentro quel riquadro, ed i sangue mi
si gelò nelle vene: 'Bertini chiama il 32...chiama il 32...chiama
il 32!'....

VOLTI BIANCHI, VOLTI NERI, SORRIDENTI.

Un altro pomeriggio, trafficando con il PC,
ero pratico, ma solo agli inizi, mi imbattei in
una icona sconosciuta.
Cliccai, si riaprì la finestrella 'Apri con': cliccai
su una icona a caso, e si aprì, dopo qualche
secondo, un foglio di blocco note.
Vidi una marea di caratteri incoerenti, numeri, lettere
croci di cimitero, cuoricini, picche, mezze svastiche,
delle U rovesciate, e per finire, il simbolo di un
campanello...
Sempre più incuriosito, ed un po' inquieto, vidi
anche delle faccine sorridenti, alcune bianche
altre, specularmente, nere.
Quelle nere, avevano un espressione sardonica, che
mi affascinava e mi mettevano una strana inquietudine.
Mi vennero in mente all'improvviso le carte da gioco
napoletane del mio povero nonno: sul cinque di
spade c'erano delle figure in controluce che non
riuscii mai a capire bene cosa rappresentassero,
sembravano, ne fui sempre convinto, anche se
era ovviamente illogico, un buontempone che
suonava la tromba, ed il suo compare che
rastrellava il bagnasciuga di una spiaggia...
Indubbiamente stavo avanzando a grandi
passi verso quello smarrimento psicologico
che mi prese con inaudita violenza venticinque
anni prima.
Solo, più sottile, e, tutto sommato, meno insidioso,
più controllabile.
Quasi sempre accendevo la radio, mettevo musica,
scoprii gli MP3, dapprima dai CD-ROM comprati
in edicola, quindi, scaricati da Internet (ma questo
avvenne molto tempo dopo l'acquisto del PC).

PARTE 1 - FINE

( Camillo Catellani 23-24 Novembre 2012 )

PARTE 2


Dai finestroni di vetro spesso e fumè, vedevo di
sotto, la gente camminare, ridere, divertirsi, scherzare,
ragazzini sui pattini a rotelle correre.
Certe volte sbarravo gli occhi mentre venivo sommerso
dai rumori e dai cigolii elettromeccanici degli ordigni
telefonici che a migliaia occupavano i grossi stanzoni
del piano a me assegnato.
La solitudine arrivò ad essere così bestiale che iniziai
a sentire voci telefoniche minutissime uscire direttamente
dagli ingranaggi degli sdoppiatori, voci che non erano
voci, ma modulazioni senza senso, incomprensibili,
eppure per me fin troppo ovvie.
Un giorno di dicembre, c'era la neve alta per Milano,
il chiarore rimbombante filtrava attraverso le vetrate
leggermente affumicate, e gli stanzoni sembravano
grandi scatole di panna montata.
Il silenzio ovattato di quei giorni strideva con i ticchettii
degli ingranaggi forati degli smistatori telefonici.
Nel '77 passai la notte di capodanno da solo al buio
in uno stanzone.
Mi fece compagnia un monitor pesantissimo da cui
vedevo le trasmissioni di Tele Capodistria.

La radiotelescrivente era collegata con le centraline
telefoniche milanesi e lombarde.
Ricevetti messaggi d'auguri scarni a matrici di
punti, inviai messaggi codificati ed incomprensibili
che tutti i miei colleghi comprendevano fin
troppo bene.

Solo, nella stanza dei telefoni, seduto su una
sedia in pelle qualsiasi, ascoltavo il silenzio
della grande sala.
Ogni tanto squillava un telefono, mi limitavo
perlopiù a proferire monosillabi di risposta.
Più il tempo passava, più perdevo la cognizione
della realtà e del tempo.
Mi sembrava di non uscire mai dal grande palazzo
degli sdoppiatori.
Avevo ormai una vita privata fatta di pochi e ripetitivi
eventi, che non lasciavano nessuna traccia in me.
Fino allo scacco fatale, quando fui trovato a parlare
direttamente al gigantesco sdoppiatore telefonico
senza che nessuno parlasse con me, ed in uno
stato di trance, con gli sbarrati dal terrore.

 TABELLA DEI GRIGI

Il mio computer, quadrato, monolitico, bianco e blu
come un forno a microoonde, una lavatrice.
L'icona di Programma, era questo.
Primi programmi di grafica.
Trasformazione di immagini a colori in immagini
a 256 colori.
Poi a 16 colori.
I crocini delle interpolazioni a 16 colori facevano
molto 'campagna', mi mettevano allegria,
sembravano delle tovaglie da pic-nic sui prati
fuori porta, o ai laghi.
Immagini speculari.
I rossi diventano verdi, il bianco diventa nero.
Le immagini ad un bit, i colori cangianti, la
Tabella dei Grigi.
L'effetto penombra del bambino che ripara

la ruota del carrozzino: il sole diventa ombra
l'ombra, luce...effetti strani, arcani, inafferrabili...
resto interi minuti a guardare, affascinato...e risento
il sommesso clangore degli sdoppiatori, del sole
che trafigge i solai ed il primo bacio dato quando
avevo quindici anni a lei che moriva d'amore per
me e partì quasi subito per la Nuova Zelanda.
E restai senza l'unico mio vero amore.
Cosa cercavo i quei bui dimessi e frusti, cosa vedevo
realmente nei falsi colori e nelle foto virate seppia?

   2 - FINE

  ( Camillo Catellani 23-24 Novembre 2012 ) 

sabato 4 gennaio 2014

AEC. SABATO SERA SULLA TERRA


 SABATO SERA SULLA TERRA


Tutti fuori.
E fuori dalle discoteche, tanta gente.
Tante belle ragazze, le bruttine si migliorano
come ponno.
Strade; auto dai bei cruscotti pieni di lucine
colorate.
Anche in piazza, sono tutti là, i giovani
bipedi, la razza umana.
Vieni anche tu no io non vengo.
Io resto a casa.
Devo restare a casa, uno come me, in
realtà, tanti come me.
Sabato sera sulla terra, sul pianeta Terra
è sera, è notte, la Vita và, la genìa, di
nascosto si perpetua.
Io ti amavo, ti amo e ti amerò sempre.
Per questo, non esco, non mi và di uscire.
Tu così distante, in tutti i sensi.
Sono affari miei, a tutti i modi.
Sabato sera sulla Terra, stasera le astronavi
del Re della Galassia, non si vedono e
non sono alle viste.
Io non esco, stasera.
Stasera si scrive: si accende una
lampadina nel cervello, il barattolo
di pelati Cirio vuoto è colmo di
penne a sfera, un pizzico di
storace arde e profuma la stanza.
Ma non ho una gran voglia di scrivere.
 L'ultima volta che ci siamo visti,
al bar della stazione, tu prendesti
''Un cappuccio'', io malignamente
pensavo '-Ciori nonni, beve ancora
il latte...'.
Poi, qualche cioccolata, ti mancavano
pochi spiccioli, qualche cento lire,
che misi io.
Mi dicesti '-Il tuo miglior pregio
è la bontà...'.
Ed il suo qual'era?
Quante cose ti dissi in venti minuti,
parlavo a ruota libera, forse senza
sapere nemmeno quel che dicevo, ma
ti guardavo e morivo ancora d'amore
per te, friggevo, avrei voluto ancora
baciarti, farti sentire il battito del cuore.
L'unica cosa che tu sapesti dirmi fu:
Quanto manca all'arrivo del treno per
Milano?
Non parlai più, calarono le tenebre
in me, ma sai, in fondo già non
pensavo più a te da tempo.
Non da tanto, avevo altre passioni
che star dietro all'immaturità...
Piangevo?
Non ricordo.
Fu alla fine, quando stavo per dirti
un estremo 'Ti voglio ancora bene'
che mi chiedesti, freddamente,
una sigaretta.

No, sai che fumo solo sigarette nazionali,
oggi ho comprato le N80, se vuoi fumare,
queste ho.

Je t'aimais, je t'aime et je t'aimerai...

Ma d'altronde...

Sabato sera sulla Terra, di tanti anni
e di qualche anno fà, quando mi mettevo
con l'auto non distante da casa tua,
con la speranza, dopo tanti anni, di rivederti,
solo che sbagliai casa, lo feci per diversi
giorni, ma alla fine, non passasti tu,
ma tua madre e tua sorella.
Mi guardarono strano, certo non
benevolmente, come dire, stessa razza,
stesso sangue, una razza marcia, ma
così andò.

Ci furono strani giorni, settimane, mesi,
poi ti rividi, di colpo, una mattina.

E poi non ti vidi più.


Ora passo i miei sabati
sera, in campagna, nei pressi
di fiumi e laghi acquitrinii;
mi fermo a parlare, sotto la
luna, alle rane ed agli astici
delle profondità.
Oppure, mi siedo accanto
alle tane delle lontre, osservandole
sbucare fuori spedite, all'ora
di cacciare la sua prede.


     ( Camillo Catellani; 4 Gennaio 2014 Sera )










































































































venerdì 3 gennaio 2014

AEB. SOTTO UNA LUNA INDIFFERENTE


SOTTO UNA LUNA INDIFFERENTE


Sotto ponte San Francesco, quella notte stessa,
vicino alla grossa pianta, sul terreno un pò viscido,
qualche foglia secca, prime avanguardie di un 
autunno non troppo lontano.
Brillava un oggetto opaco, spuntare dal suolo,
pareva avere delle appendici, parevano
cinque.
Finii di orinare, mi avvicinai e capii che era
una mano umana.

Vicino al gommista, c'erano due gatti sfracellati
e dal fiume, si levava una tremula nebbia
opalescente.

Col cellulare provai a chiamare il 113 ma 
non c'era campo, stranamente.
Faceva decisamente freddo, per essere
la fine d'agosto.

Restai per un quarto d'ora a fissare una
finestra debolmente illuminata da un neon
e vedevo, da lontano, degli scaffali con
sopra, degli strani aggeggi, non riuscivo
a capire bene; c'era un gran silenzio
attorno a me, e mi sentivo sempre 
più a disagio.

       ( Camillo Catellani; 3 Gennaio 2014 Mattina )






















AEA. PALLOTTOLE DI CARTA STRACCIA


Lo sguardo irato
dei miei nemici, era fisso sul mio volto
satanico, che ghignava d'una perfidia
sconfinata, mentre i due questurini
desolati, dovettero giocoforza, lasciarmi
andare, dopo un breve interrogatorio
sulla strada, di sera, crudamente.
Come scoppiava di rabbia il goffo
scimmione che credeva già chissà
quale punizione avrei meritato quella
notte.
Ma quella sera, ancora una volta,
la telepatia, i giochi con gli occhi
imparati da vent'anni di frequentazioni
di strani personaggi provenienti
dal Punjab pachistano, e certi operai
indiani del lago di Nenital, mi salvarono
il sedere.
Come affascinai il primo questurino
con degli sguardi obliqui, fino a ridurlo
all'impotenza e alla completa soggezione
psichica, fu cosa semplice, avendola
sperimentata tante volte, come
quella volta, nel 1992, imbambolai
lo sciocco cassiere dell'Autogrill di...
pagando 2500 lire anzichè 150.000
di merce varia comprata in un largo
giro dell'autogrill stesso, riempendo
quattro grossi shoppers: pagai solo
la fila di ciucciotti di caramelle
multicolori...
E come non proferì parola, quella
mezza sega con la barbetta, amico
del bamboccione in bici, quando lo
fissai con uno sguardo terribile, con i
miei occhi gialli.
D'altra parte, che la mia malattia può
sembrare inesistente, non posso
certo negarlo, ma stranamente,
quella sera d'agosto del 2012, c'era
una colossale luna piena che spuntava
alle viste di Piazza San Francesco.
E dei cani che abbaiavano furiosamente
vicino il bar di Franco, e del forte
vento che improvviso si alzò,
immotivatamente, non ho niente
da dire e da pensare: coincidenze...
Resta l'amarezza, per loro, di non
esser riusciti a farmi del male,
e da parte mia, la soddisfazione
di averla ancora una volta fatta
franca, di aver atterrato chI voleva
vedermi cadere.
I manigoldi restarono lì, basiti,
immobili, come grosse pallottole
di carta straccia, senza proferire
parola; che avrebbero voluto
gridar di rabbia, per
l'infausto esito dei loro disegni,
ma sui loro volti contriti,
c'era solo la paura di avere avuto
a che fare con me, che non conoscevano
ed ora mi conoscono, e girano
da me, alla larga...

     ( Camillo Catellani; 3 Gennaio 2014 Mattina )


















































ADZ. DOPOTUTTO...


 DOPOTUTTO...


La canzone suona dal cellulare, 
mattina fiacca senza
voglia di far nulla
con gli occhi che a mezzodì,
già si chiudono per il sonno,
la noja, e chiedersi perchè.
Perchè dopotutto, in fondo
ma anche in cima, la vita è
così, chi ha avuto ha avuto
e per chi non ha avuto, avrà
o non avrà.
Perchè dopotutto, in cima
ai nostri pensieri, ma anche
in fondo, la vita, vivere, è
la cosa più importante.
Sporchi, brutti, con le unghie
nere ed i denti cariati,
uomini del passato,
ci diedero col duro lavoro
con i sacrifici, questo mondo
da vivere.
Dopotutto, perchè agitarsi,
inutile l'ira funesta che piglia
talvolta, lasciamola ardere
e bruciare, estinguersi al suolo.

Ho visto la battitura di un colpevole,
l'uomo mentre veniva bastonato,
rideva, provocando lo sgomento
dei carnefici, che picchiavano
ancor più duramente, fino alla
morte del condannato, che morì
con un riso sardonico in bocca.

Le acquadelle sono arrivate, una
grossa latta, da Goro, l'amore
per la mia terra d'origine, c'entra
fino un certo punto, ciccioli e
parmigiano di tre anni, valgon
bene una festa...


     ( Camillo Catellani; 3 Gennaio 2014 Mattina )