giovedì 17 ottobre 2013

AAF. IL SATELLITE MORTO

252.   
                             IL    SATELLITE    MORTO


Sulla superficie brulla
nessun astro brilla.

Un uomo fuma placido,
osserva le chiappe generose
di lei
che si riveste.

Gens da poco,
gentaglia,
amici peggiori
dei peggiori nemici,
coperto ormai
da metri di fango e sangue.

Il sole è veritiero,
sulle foglie che si accartocciano,
noi stretti forte,
amendue ascoltiamo,
una canzone di forte presa.

Avrebbe parole di conforto,
lui,
da dare al vicino invidioso,
ch'ora delle nostre sventure,
più non ride,
ma io lo blocco,
crolla il soffitto del
mio vicino,
io bevo,
felice,
un doppio sherry.

Non cercatemi!
Non più,
perlomeno...

La mia casa è sempre umida,
fuori,
piove dirotto,
disegni muti,
sulle pagine
bianche e grigie,
del giornale enigmistico.

Mi guardi sconvolto,
vorresti un bacetto,
come un tempo,
da meh,
la canzone è la più
adatta,
mi implori,
il sole ti sbatte
sul volto,
i riccetti brillano grassi,
io invece,
esco,
e vado via.
Da solo.
La canzone,
dolce ma amara,
termina,
inizia a piovere,
io penso ad altro,
le Onde Corte,
le Onde Lunghe,
e l'anima intanto,
muore,
inaridisce.

Morbido stato americano,
ti cantavano quei tre...

Per poco non gli spezzava
il ditone.
E lui strillava
''-Il ditone,
mi rompi il ditone!''

Il pollaio,
è stretto,
per gli olifanti...

Io,(ma finisce il pensiero...).
Però chi mi insegnò,
a mangiare
i peperoncini,
non c'è più.

                    ( Ottobre 1999 )

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